Biblioteca:Igino, Fabulae 165

Marsia[modifica]

Atena, dicono, fu la prima a costruire un flauto con gli ossi di un cervo e si presentò suonandolo al banchetto degli Dèi. Ma Era e Afrodite si misero a prenderla in giro, perché aveva gli occhi cerulei e le gote gonfie; e così, irrisa per la sua musica e il suo aspetto, la Dea giunse a una fonte nel bosco dell’Ida. Qui si vide riflessa nell’acqua mentre suonava e capì che avevano avuto ragione a schernirla, per cui gettò via il flauto e giurò che chiunque l’avesse raccolto avrebbe subìto un castigo terribile. Uno dei Satiri, il pastore Marsia, figlio di Eagro, lo trovò e prese a esercitarsi assiduamente con lo strumento, traendone ogni giorno suoni più dolci, al punto che sfidò Apollo a gareggiare con lui suonando la lira, Apollo accettò; come giudici, scelsero le Muse. Marsia stava vincendo, ma Apollo capovolse la sua cetra e suonò la stessa musica, cosa che Marsia, con il flauto, non riuscì a fare. E così Apollo legò il vinto Marsia a un albero e lo consegnò a uno scita, che lo scorticò membro dopo membro; poi consegnò ciò che restava del corpo del satiro al suo discepolo Olimpo, perché lo seppellisse. Il fiume Marsia prende nome dal suo sangue.